Thursday, November 4, 2010

Discharge Like Lotion

La storia di Bismark / l'Unità


È una storia africana quella di Bismark Ekye, una storia iniziata a Nkawkaw, nel sud del Ghana, a circa centocinquanta chilometri da Accra, una storia di polvere e cuoio, di sogni di bambino e di una maturità consumata alla periferia dell’impero calcio.
«I miei genitori sono insegnanti, my mother English, father of agriculture - Bismark says - and that I wanted to continue studying after high school, but football was my great love. "
Ekye in Ghana means "strong man", but Bismarck is of German origin, the name of a settler, where he worked his grandmother. A man called destiny would be too easy for an alcoholic who has never forgotten the dust of the first games on the road, the process team in the country and the big jump in the Old Continent, thanks to the Viareggio tournament.
"It was 1999 and arrived in Italy with Okwawu United - remember Bismark Ekye -. I went to Pistoia, a year and then all'Aglianese. Buglio Francis on the bench, the coach who taught me most and that has shaped me as a player, Massimiliano Allegri (current coach of AC Milan, ed) in the field. A great player, which m'intendevo wonders. We won the championship and I wanted to Fiorentina in C2. For Agliana I was fine, but Florence was the breakthrough meant wear the shirt of a team known throughout the world. "
His goal against Rimini that gives color to purple math promotion to C1, which will become immediately due to B repechage. Since then Bismarck for a swing that started because of a serious injury saw him disappear by professionals, while waiting to return to the full and esordire tra i dilettanti toscani, a Cortona in Prima categoria.
Vinci il campionato con la Fiorentina e poi vai in Svizzera, perché?
«A Firenze dovevano arrivare Obodo e Nakata così ero passato al Ravenna. Potevo restare in Italia, ma i dirigenti del Vaduz mi convinsero ad andare nel campionato svizzero, un’esperienza nuova che m’intrigava, anche se m’accorsi presto che nel Paese della pallamano il calcio era un’altra cosa».
Le differenze maggiori?
«Be’, l’attenzione della gente, la professionalità di allenatori e massaggiatori, la ribalta mediatica».
Poi l’infortunio al ginocchio...
«Due volte, prima delle Olimpiadi di Atene del 2004 e prima dei Mondiali del 2006 in Germania, con il Ghana rispettivamente eliminato al primo turno e agli ottavi di finale, due esperienze mancate. Con il Vaduz ho fatto anche la Coppa Uefa e proprio nella partita contro il Beveren mi sono lesionato il menisco del ginocchio sinistro, mi operano in Svizzera, male, e torno comunque in campo. La seconda operazione, con ripulitura della cartilagine, a Innsbruck, in Austria, è perfetta ma il fisioterapista non mi aiuta e resto due mesi fermo, iniziando da allora un lento e faticoso recupero».
E una discesa lenta e inesorabile che passa attraverso la Fortis Juventus, nel Mugello, il Trivento, in Molise, la Lunigiana, il Borgotaro, in Emilia Romagna e domani forse Cortona, nell’aretino: «A Pontremoli ho trovato un medico che cura anche i giocatori dell’Inter e che mi ha aiutato a tornare in forma, ma il fastidio è passato solo negli ultimi mesi».
Chi ti è stato più vicino in questi anni difficili?
«Mio padre, mia madre, mio fratello, le mie sorelle, gli amici veri. Mia moglie e mia figlia di due anni e mezzo, che mi danno tanta forza, ma anche Maggio e il mio procuratore Pallavicino che mi chiedono come sto e cosa voglio fare della mia vita».
Qual è oggi la vita di Bismark Ekye?
«Vivo a Poggibonsi, dove risiede anche mio fratello, mi alleno sperando di tornare to play and work in Siena: I do deliveries for restaurants. "
regrets?
"No, life is a continuous move forward, looking back it makes no sense to play football and then made me stronger mentally. With Fiorentina I also did a lot of bench, but when the coach made me go I was ready. I still am, an accident you can not stop, you never know what will happen tomorrow, or another player it's always you. "
Dream?
"The pain is gone, the body is in shape, the desire is so great, the talent is still there, I'll just take the field and find the rhythm game to run at maximum il motore che è dentro di me».
Perché Cortona?
«Perché conosco dei giocatori, mi hanno detto “se vieni ti diverti”. Non sono partiti bene e io non vedo l’ora di dare il mio contributo».
Quasi tutti quando pensano a un calciatore pensano a un privilegiato, è sempre così?
«La mia storia racconta il contrario. E comunque in serie C (attuale Lega Pro, n.d.r.) e in serie D è diverso. Ci sono giocatori che restano mesi senza stipendio, nelle categorie maggiori possono fare fatica, ma alla fine vengono pagati. Ci si dimentica che anche questo è un lavoro, che lontano dai riflettori ci sono trasferte, ritiri e quando non riscuoti ti passa la voglia, come in qualsiasi altro mestiere e pur sempre meglio di tanti altri».
Tu sei nero e africano, il razzismo che parte ha nella tua vita?
«Nessuna, per fortuna. Nemmeno in campo, dove spesso sei solo il giocatore avversario bravo, nero o bianco non importa. Io credo che se parli con amore l’altro ti risponde con amore e se tu tratti con rispetto chi ti sta di fronte l’altro ti porterà rispetto. È quello che mi hanno insegnato, è quello che ho fatto, è ciò che ho trovato. Il futuro del calcio non ha colore, lo sta dimostrando la Germania e presto sarà così anche in Italia. Balotelli? Credo che la sua storia abbia poco a che vedere col razzismo».
What is missing in African football to make the leap?
"The mentality of the African players must learn to give one hundred percent for the whole game. More playing in Europe, acquiring a more pragmatic and winning mentality. For the same reason they often choose foreign coach and also because when they only use the Convenor of the merits. The coaches are African-related gatherings and favors, things that have little familiarity with the field. "
The player who remember with more affection?
"Di Livio, we were near the locker room. He was joking, but he always knew what to say to a young man, knew how to make us grow, putting her experience internazionale al servizio della squadra».
Musulmano o cattolico?
«Cristiano».
Cosa ti piace di più dell’Italia?
«Il calcio».
Di meno?
«Gli ultrà e le violenze allo stadio che allontanano i veri tifosi».
Cosa ti manca di più del Ghana?
«Il caldo (ride, n.d.r.)».
Un giorno lontano, in Italia o in Ghana?
«Oggi dico Italia, domani chissà».
A 29 anni e 500 addominali il giorno, in attesa dell’ok della Lega Dilettanti, Bismark Ekye attende il suo momento con la consapevolezza che, come recita un old adage: the past is past, tomorrow is a mystery, today is a gift. The dream of a child of Ghanaian Nkawkaw that continues to chase a ball in the dusty fields of the suburbs.

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